Fima: la Commissione di Foggia si spacca sulla quotazione del grano

 

Grafico grano foggia

Ieri a Foggia la commissione prezzi si è spaccata. I produttori non si sono presentati e, giustamente, per protesta hanno disertato l’incontro al fine di evitare eccessi di ribasso. Qualcuno paventava un ribasso di tre euro rispetto alla settimana precedente e, nonostante tutto, il Sole24Ore di oggi senza tener conto della sospensione della seduta, ha pubblicato le stesse rilevazioni del 22 giugno. Paradossale!

Bisogna riportare indietro le lancette della storia al 2010 per ritrovare le stesse quotazioni del grano che i commercianti e gli industriali vogliono riproporre quest’ anno ad inizio campagna. Medie da incubo per i cerealicoltori di tutta Italia che non consentono di coprire i costi di produzione e lasciano adito alla speculazione di agire indisturbata. Il 2010 fu inoltre un anno singolare in cui a giugno la Camera di commercio decise anche di trasformare le rilevazioni “alla produzione” in rilevazioni “all’ ingrosso”.

Prima della seduta della commissione c’è stato un sit-in degli agricoltori delle varie associazioni e un incontro molto animato tra le parti in cui sono volate accuse pesanti tra gli agricoltori e gli industriali, alla presenza del Segretario Generale dell’ Ente camerale.

Il rappresentante Lacava del gruppo Barilla, ha tentato di spiegare ai presenti che le quotazioni di Foggia sono il frutto dell’incontro tra la domanda e l’offerta del mercato, che i componenti della Commissione rilevano. In risposta alle accuse di importazione, Lacava ha affermato che il marchio Voiello, dello stesso gruppo, userebbe da sei anni solo grano italiano e non più il “desert durum americano”, scrivendolo anche sulle buste ai consumatori. Gli agricoltori hanno invece accusato gli industriali di importare merce estera per tenere bassi i listini nazionali senza riconoscere le differenze di qualità tecnologiche (tenori proteici) e/o sanitarie (livelli di micotossine) che pure caratterizzano i nostri grani.

L’ alibi della globalizzazione regge sino a un certo punto. Il grano estero si paga in base alla qualità, mentre quello nazionale no. Le statistiche  vedono, quindi, il nostro paese sempre più deficitario nella produzione di grano, a causa anche di fenomeni speculativi ricorrenti e mai contrastati. infatti dall’ estero oltre al grano buono arriva anche quello cattivo, sotto costo, che viene sapientemente miscelato con quello pugliese.

Quanto pagherebbe il desert durum la Barilla se decidesse di approvvigionarsi in questo momento? Perché non riconoscere ai produttori italiani lo stesso valore del desert durum, in cui vengono garantiti, oltre ai tenori proteici, una serie di parametri tra cui i metalli pesanti e le micotossine?

Non sono mancate altre obiezioni per il rappresentante Barilla.  Quanto incide la vendita del marchio Voiello sull’ intera quota di produzione di pasta Barilla?  Sul resto della produzione a marchio Barilla, diversa da Voiello, l’ origine del grano è italiana o straniera? Alla domanda rivolta al rappresentante di Barilla “se il suo gruppo, che si vanta di avere accordi di filiera, è in grado di offrire a tutti gli agricoltori di Foggia le stesse condizioni” non è stata fornita alcuna risposta.

Dall’ incontro è emerso quindi che il sistema di rilevazione è poco trasparente  e costringe alcuni agricoltori in difficoltà a vendere a prezzi stracciati. Del resto, chi vendesse sotto la mietitrebbia il proprio grano (all’ origine) a prezzi stracciati perché in crisi di liquidità non potrebbe influire con la (s)vendita di un camion, sul listino di un mercato nazionale (all’ ingrosso) fatto di milioni di tonnellate. In questi casi sono altri organi a dover intervenire per valutare la legittimità delle rilevazioni.

Non bisogna dimenticare che le autorità di controllo del mercato, in passato avevano già multato i pastai per cartello!

Del resto, si potrebbe obiettare che sul mercato ci sono le quotazioni più svariate. Non mancano gli agricoltori che prendono di più, con accordi a prezzo fisso. Ad esempio, i fratelli Caione hanno accordi di filiera con Barilla a prezzo fisso annuo, con almeno dieci euro in più a quintale, ma nonostante tutto partecipano in commissione alla rilevazione dei prezzi settimanali a libero mercato. A Lacava chiediamo: come fanno i Caione ad essere compatibili con il ruolo di commissari a libero mercato se hanno accordi di filiera a prezzo fisso? Quale prezzo rilevano?  In commissione rilevano le proprie fatture (più alte di almeno dieci euro) o quelle degli agricoltori che in questo preciso momento, per necessità, potrebbero essere più basse per via di fenomeni speculativi gravi e incontrastati?

Infine, ci siamo chiesti se esiste un regolamento per il funzionamento della commissione in grado di disciplinare i requisiti dei commissari, le incompatibilità o più in generale il funzionamento della commissione.

La risposta che abbiamo avuto dai dirigenti camerali, purtroppo, è stata negativa. La commissione tecnica per la rilevazione prezzi non ha un regolamento e la camera di commercio di Foggia non funziona come una borsa merci. Rileva secondo l’attuale criterio di quotazione, così come stabilito dalle “Norme Tecniche per la rilevazione statistica dei prezzi all’ ingrosso delle merci”  elaborate nel 1980 dall’ ISTAT.

E’, dunque, una Non-Borsa!

La vera notizia è che la piazza più importante d’ Italia, punto obbligato di riferimento sia a livello nazionale che europeo, non ha una borsa merci che regola le contrattazioni.  Sorge allora un dubbio. Ma in questo modo chi garantisce la trasparenza delle rilevazioni e chi assicura che quelle rilevazioni non siano, di fatto, delle “fissazioni del prezzo anticoncorrenziali“? Una specie di schermo legale per un cartello?

Se il mercato reale è quello di tre navi che arrivano al porto di Bari per rallentare sotto campagna la domanda, in modo da raffreddare i listini locali, è opportuno che ogni singolo commissario sappia anche quante navi di grano partono dall’ Italia verso l’estero e a quale prezzo oppure quante navi di semola e quante di pasta. Già la famosa pasta italiana che di made in Italy ha ben poco: quanta se ne consuma in Italia e nel mondo? Chi lo sa!

Queste informazioni strategiche, indispensabili per negoziare con gli industriali, non sono note ai commissari di parte agricola e ciò rende molto aleatoria e soggettiva la rilevazione di mercato!

Se questa commissione fissa i prezzi invece che rilevarli, senza un regolamento e senza informazioni utili ai commissari, allora sorgono seri dubbi circa la legittimità o utilità della stessa, che andrebbe riformata con urgenza.

Il mercato vero ha bisogno di informazioni oggettive, non soggettive e, dunque, discrezionali che potrebbero lasciare spazio ad una “fissazione” poco trasparente e anticomunitaria.

La fissazione dei prezzi, infatti, è vietata dalle norme europee sulla concorrenza. Nel merito si sono già pronunciate diverse autorità giurisdizionali (caso suini borsa merci Mantova; caso conigli e riso antitrust). Fissare un prezzo, secondo il Consiglio di Stato, significa imporlo! E per le multinazionali questa potrebbe essere una facile scorciatoia per abbassare il costo di approvvigionamento.

Al massimo è possibile fare delle previsioni indicative di mercato, ma Foggia sotto questo profilo non è ancora attrezzata. Oggi, lo strumento giuridico per formulare previsioni ufficiali esiste e si chiama Cun. Una cosa ben diversa dalle Borse merci o dalle Commissioni Tecniche che hanno solo il compito di rilevare il prezzo storico.

Tuttavia, la legge che istituisce le commissioni uniche di mercato (cun), le sole che hanno titolarità a formulare previsioni trasparenti, non è stata ancora attuata. E’ una grande conquista del mondo agricolo, ma manca il decreto da ottobre 2015 e il rappresentante in consiglio regionale Rosa Barone (M5S), presente all’ incontro, lo ha evidenziato nel suo intervento in Camera di Commercio, chiedendo il sostegno di tutti per sollecitare il Governo e le Regioni a fare in fretta in modo da offrire uno strumento più appropriato che consenta di arginare le speculazioni in atto.

Senza dati oggettivi di mercato, infatti, il gioco della speculazione ha il terreno spianato. La Cun del grano, invece, se realizzata rapidamente offrirebbe la possibilità di non barare sui numeri, di verbalizzare le dichiarazioni delle controparti e di rispettare i principi di democrazia economica.

Vedremo se la soluzione a favore della trasparenza offerta dal legislatore con l’ art 6 bis della legge 91/2015, a prima firma di L’Abbate (M5S), sarà colta dagli agricoltori e dalle rappresentanze sindacali, cui spetta il compito di sollecitare nel Piano Cerealicolo l’ istituzione della CUN per il grano duro.

Barone

 

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